ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI: LE REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

Le allergie e le intolleranze, insieme con le intossicazioni, rientrano nel più ampio gruppo delle cosiddette “reazioni avverse agli alimenti”: ne parla il dottor Federico Cioni, specialista in Scienza dell’alimentazione

Le intossicazioni sono reazioni ad una determinata sostanza nociva, che contamina un alimento. Sono eventi di gravità direttamente legata alla pericolosità ed alla quantità di tossina introdotta, potenzialmente molto pericolosi ma fortunatamente piuttosto rari grazie agli efficaci sistemi di controllo degli alimenti normalmente posti in atto sia dalle aziende produttrici che dagli organi di sorveglianza.

Le allergie alimentari sono un sottogruppo delle Reazioni Avverse agli Alimenti la cui causa è un’abnorme reazione del sistema immunitario del paziente nei confronti di alcune componenti proteiche degli alimenti stessi, che risultano invece del tutto innocue per la maggioranza delle persone. Esistono due tipi di allergie: quelle IgE mediate e quelle non IgE mediate.
Le prime sono potenzialmente molto pericolose ma fortunatamente riguardano una piccola percentuale della popolazione (circa 1-2 %). In teoria qualsiasi alimento che contenga proteine dotate di attività allergenica può produrre reazioni allergiche, ma gli alimenti più frequentemente responsabili sono il latte vaccino ed i suoi derivati, l’uovo di gallina, e in particolare albume, ed il pesce. Le allergie a questi alimenti sono frequenti al di sotto dei 2 anni di età, ma la risoluzione è di solito spontanea dopo il secondo anno di vita se l’alimento responsabile viene eliminato dalla alimentazione del bambino. Più rare sono le allergie a vegetali (per esempio arachidi tostate, soia, lenticchie, mela, pesca, kiwi, ecc) e quelle ad additivi, crostacei, molluschi e carni animali. Esistono allergeni più o meno stabili, cioè più o meno sensibili ai procedimenti come cottura, spremitura ecc., e ciò spiega perché in alcuni casi dopo tali procedimenti gli alimenti che contengono questi allergeni possano risultare ben tollerati. Dal punto di vista clinico le allergie alimentari IgE mediate si manifestano di solito con reazioni transitorie di arrossamento o gonfiore di cute e mucose (orticaria, edema) che giustificano l’invio all’allergologo, e, nei casi più gravi, con disturbi gastrointestinali, problemi respiratori (respiro sibilante, crisi asmatiche, ecc.) o addirittura sistemici (shock anafilattico) che sono vere e proprie emergenze mediche. Per la diagnosi di allergia alimentare IgE mediata si utilizzano test cutanei su antigeni di diversa natura (prick test) o esami di laboratorio più specifici in vitro come il RAST che si basa sulla ricerca della risposta ad allergeni specifici. In caso di positività si deve eliminare dalla dieta l’alimento o gli alimenti risultati positivi; eventuali trattamenti farmacologici, ripetizioni dei test o tentativi di reintroduzione progressiva degli alimenti sono da effettuare solo sotto stretto controllo medico.
Un discorso a parte merita la enteropatia da glutine o malattia celiaca, che è un particolare tipo di allergia, non IgE mediata, legata all’assunzione di gliadina, una componente del glutine, proteina presente in diversi cereali (avena, frumento, farro, kamut, segale, orzo, ecc). La diffusione della malattia conclamata, o di forme più sfumate di essa, è in aumento costante probabilmente anche a causa dell’utilizzo di farine sempre più ricche in glutine. La celiachia è una disfunzione permanente e può essere diagnosticata a qualsiasi età. Se la persona che ne è affetta assume un alimento contenente glutine, le pareti dell’intestino si danneggiano, con comparsa di sintomi fra cui diarrea, debolezza, perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, può manifestarsi malnutrizione con deficit di crescita. Attualmente, l’unico aiuto per i pazienti celiaci è una dieta priva di glutine. Esistono alimenti a base di cereali (pane e pasta) privi di glutine resi facilmente riconoscibili dal marchio della spiga sbarrata “gluten free”. Escludendo il glutine dalla dieta, il paziente migliora rapidamente e i sintomi scompaiono, ma questo non significa guarigione: semplicemente la malattia è tenuta sotto controllo.

Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse agli alimenti che possono provocare sintomi per lo più imitati al tratto digerente (nausea, diarrea e crampi allo stomaco). L’intolleranza alimentare si manifesta quando l’organismo non riesce a digerire correttamente un alimento o un suo componente: la più nota e diffusa è l’intolleranza al lattosio. Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte: normalmente viene scomposto e reso assimilabile da parte di un enzima intestinale chiamato lattasi. Quando l’attività di questo enzima è ridotta o assente, il lattosio non viene assimilato dall’organismo. Ciò provoca sintomi come flatulenza, dolore intestinale e diarrea. L’entità del disturbo è strettamente legata alla tolleranza individuale (attività enzimatica residua) e dipende dalla quantità di lattosio ingerito. Molti soggetti che hanno una ridotta attività intestinale della lattasi possono bere un bicchiere di latte senza alcun problema. Per chi non vuole rinunciare al latte ne esistono di privi di lattosio (p. es. Zymil). I formaggi stagionati, che hanno un basso contenuto di lattosio (Il Parmigiano-Reggiano stagionato ne è del tutto privo), e i prodotti a base di latte fermentato, come lo yogurt, sono in genere ben tollerati. A meno che l’attività residua della lattasi sia del tutto assente, l’introduzione regolare di cibi contenenti lattosio induce un progressivo adattamento mentre la riduzione della quantità totale di lattosio ingerita in un solo pasto può migliorare la tolleranza negli individui sensibili.
Da ultimo è necessario chiarire che molti dei test diagnostici che vengono da qualche anno proposti per la valutazione di intolleranze alimentari diverse da quelle citate, sono ancora in attesa di validazione scientifica definitiva. Alcuni di essi, in particolare quelli basati su prelievi ematici (test leucocitossico, dosaggio delle IgG specifiche, ecc.), sembrano maggiormente credibili ma spesso danno risultati generici e non riproducibili. Al di là della attendibilità di questi test, resta comunque il fatto che una eventuale intolleranza alimentare determina effetti dannosi soprattutto a livello intestinale, ma nulla c’entra con l’eventuale aumento di peso del paziente. Che poi una rigida dieta di esclusione possa far calare, semplicemente perché elimina una serie di alimenti ipercalorici come per esempio latticini e formaggi, oppure prodotti da forno lievitati o alcolici, è un’altra storia…