Articolo realizzato in collaborazione con la Dottoressa Beatrice Gualerzi, specialista in Ostetricia e Ginecologia.
Conosciuta con l’acronimo di AVV, l’atrofia vulvo vaginale è una patologia che in Italia colpisce 1 donna su 2, causando una serie di sintomi. Ma come si manifesta e quanto è importante fare prevenzione? In questo articolo approfondiamo le cause, i sintomi, il ruolo della prevenzione e le terapie.
Atrofia vulvo vaginale, come si caratterizza
L’atrofia vulvo vaginale è caratterizzata dall’assottigliamento della mucosa vaginale con una conseguente riduzione della vascolarizzazione, dell’elasticità e del grado di idratazione della stessa mucosa. Inoltre si contraddistingue per un aumento del pH vaginale associato ad una riduzione dei lactobacilli, batteri buoni che proteggono la flora delle mucose vaginali.
Non è solo la vagina ad essere coinvolta, anche i genitali esterni subiscono dei cambiamenti: le piccole labbra rimpiccioliscono e cambiano consistenza, la cute assume un aspetto biancastro con un diradamento dei peli.
Quali sono le principali cause dell’atrofia vulvo vaginale?
L’atrofia vulvovaginale tende a colpire circa la metà delle donne in menopausa, di solito non immediatamente dopo la scomparsa del ciclo, ma dopo alcuni mesi o anni. Solo in una minoranza di casi, infatti, i sintomi cominciano dopo la scomparsa del ciclo o addirittura in premenopausa.
Questa patologia è causata dalla carenza di estrogeni dovuta alla cessazione dell’attività delle ovaie, indotta generalmente dalla menopausa o da altre condizioni che comportano una riduzione del tono estrogenico come l’allattamento o l’uso di contraccettivi ormonali a basso dosaggio.
L’Atrofia Vulvo Vaginale si può però manifestare precocemente ed è frequentemente è indotta da cure mediche, chemioterapia, radioterapia o conseguenza di un intervento di asportazione delle ovaie. Può svilupparsi anche a causa di cambiamenti ormonali associati all’allattamento e all’uso di farmaci ormonali; in questi casi, però, è reversibile.
È vero che l’Atrofia Vulvo Vaginale ha una maggior incidenza sulle pazienti oncologiche?
L’AVV si presenta nel 70% delle pazienti con pregressa diagnosi di tumore al seno, come effetto collaterale delle terapie oncologiche.
I tumori che colpiscono mammella, ovaio e utero possono essere sensibili agli ormoni femminili e richiedere una terapia che ne blocchi gli effetti sull’organismo, un po’ come succede durante la menopausa. In caso di asportazione delle ovaie, non vi è più produzione endogena di ormoni e la chemioterapia stessa, indipendentemente dalla malattia per la quale viene utilizzata, interferisce con i cicli ormonali.
I principali sintomi dell’atrofia vulvo vaginale
Le donne che ne soffrono presentano una serie di sintomi tipici della menopausa:
- secchezza vaginale
- prurito
- dolore
- sanguinamento nei rapporti sessuali che coinvolgono tutta l’area vulvo-vaginale.
L’atrofia vulvo vaginale interessa anche il tratto urinario inferiore e viene definita “Sindrome genito-urinaria”. Il coinvolgimento della vescica si accompagna a sintomi quali l’urgenza di urinare che può sfociare in un’incontinenza fastidiosa e invalidante (compresa l’incontinenza da sforzo).
I sintomi correlati all’atrofia della vagina e del basso tratto urinario spesso peggiorano nel tempo e nella maggior parte dei casi necessitano di un trattamento.
Atrofia vulvo vaginale e il ruolo della prevenzione
Nonostante l’ampia diffusione, l’atrofia vulvo vaginale è una patologia sottostimata perché riguarda una sfera molto intima delle donne e può rappresentare una fonte di disagio.
La prevenzione più efficace contro questa patologia sono le visite di controllo periodiche ginecologiche, nelle quali lo specialista può effettuare una diagnosi precoce e consigliare quindi le pazienti sulla corretta terapia da seguire.
Se desideri prenotare una visita ginecologica puoi contattare il nostro ufficio accettazione oppure puoi prenotarla online.
Come si effettua una diagnosi di atrofia vulvo vaginale
Anche se molti medici nella pratica quotidiana effettuano la diagnosi di atrofia
vulvovaginale grazie al loro giudizio clinico, le 2 misurazioni obiettive principali, sia per la diagnosi che per la valutazione dell’efficacia di un trattamento sono:
- il pH vaginale, ottenuto utilizzando una cartina al tornasole o metodi analoghi;
- l’indice di maturazione vaginale (VMI). Il VMI è un calcolo delle percentuali relative delle cellule superficiali paragonate alle cellule intermedie e parabasali.
Le terapie per l’atrofia vulvo vaginale
Il corretto approccio alla gestione del problema prevede, prima di tutto, di parlarne
con il medico fin dalla comparsa dei primi disagi: cercare quanto prima di porre
rimedio all’atrofia vaginale permette di controllare meglio il problema e impedisce
che si trasformi in una condizione invalidante.
Tra le terapie che si possono attuare ci sono:
- terapie non ormonali locali
- terapie ormonali locali
- terapie sistemiche
- terapie fisiche.
Presso il Valparma Hospital è possibile sottoporsi al trattamento Caress Flow, una soluzione innovativa per la terapia non ormonale dell’atrofia vulvo vaginale, basata sulla sinergia tra ossigeno e acido ialuronico. Il primo favorisce la riattivazione della microcircolazione, la rigenerazione dei tessuti e l’elasticità tessutale e il secondo ha un elevato potere idratante con azione fisiologica nel mantenimento di turgore, plasticità e forma dei tessuti.
Questo trattamento è indolore, non invasivo, senza effetti collaterali e sempre ripetibile in caso di necessità. Nel caso dell’Atrofia vulvo-vaginale, con Caress Flow si può ottenere l’85% di diminuzione del bruciore e l’81% di aumento della fluidità.
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