Tra le parti del corpo più funzionali, la mano è anche quella più a rischio traumi e lesioni. Per questo deve essere curata da specialisti che ne conoscano l’anatomia, raffinata e complessa. Circa il 30-40% dei traumi dell’arto superiore, è conseguenza di incidenti domestici o sportivi.
Ce ne parla il Dottor Giuseppe Gobbi, medico chirurgo, specialista in chirurgia della mano.
Quando colpite da un evento traumatico o affette da determinate patologie, le mani possono subire un’alterazione parziale o completa della loro funzionalità che determina un importante impatto sullo svolgimento delle normali attività quotidiane. La chirurgia della mano è un settore specifico dedicato al trattamento per patologie ordinarie e per casi più complicati o d’emergenza.
Dalla rizo artrosi alle artrosi di polso post traumatiche e idiopatiche, dal tunnel carpale al dito a scatto, dal morbo di Quervain alle patologie tumorali, spesso la chirurgia mini invasiva rappresenta una soluzione definitiva: toglie dolore e migliora funzionalità.
La sindrome del tunnel carpale
Consiste nella compressione del nervo mediano al canale carpale, ad opera del legamento trasversale del carpo. La sintomatologia è rappresentata da formicolio a carico delle prime tre dita della mano interessata. Un formicolio che spesso sveglia il paziente nelle prime ore della notte o con flessione del polso, ad esempio impugnando il manubrio della bicicletta o il telefono. Successivamente si presenta una riduzione della sensibilità – il tatto – a carico delle prime tre dita della mano. Col passare del tempo i sintomi si aggravano. Il dolore e il formicolio possono anche attenuarsi mentre peggiorano i deficit del tatto e della forza del pollice. Colpisce soprattutto le donne e non ha una fascia di età più colpita. In genere è bilaterale.
La diagnosi
E’ prevalentemente clinica, tuttavia alcuni accertamenti strumentali possono rivelarsi utili per una maggiore precisione. In particolare, è utile eseguire un’elettromiografia per stabilire l’entità del danno al mediano e una radiografia del rachide cervicale.
L’intervento chirurgico
Il trattamento farmacologico o infiltrativo fornisce solo risultati transitori. L’intervento chirurgico, in molti casi, è la soluzione. Se condotto correttamente porta alla scomparsa immediata del dolore notturno che sveglia il paziente. La sensibilità riprenderà progressivamente (entro alcune settimane, a volte mesi) in modo direttamente proporzionale al grado di compressione del nervo. La forza di presa riprenderà in circa sei mesi, ma nei casi più gravi il recupero può essere parziale.
Sia l’intervento (che si effettua in anestesia locale) che il post-operatorio non sono dolorosi. Raramente, infatti, il paziente ricorre all’uso di antidolorifici. L’intervento dura circa quindici minuti e si svolge in regime ambulatoriale con dimissione immediata. Le complicanze per fortuna sono rarissime (meno dello 0,5% dei casi) e sono in genere tutte reversibili con opportuna terapia. Il recupero delle normali attività di vita quotidiana (lavarsi, mangiare, guidare) è piuttosto rapido.
Il giorno successivo all’intervento il paziente può utilizzare la mano operata per impugnare una posata, mentre ne servono tre per guidare l’auto. La ripresa dell’attività lavorativa dipende dall’attività stessa: da un paio di settimane per un lavoro leggero a un paio di mesi per una professione che richiede un maggior coinvolgimento manuale.
La tecnica
La tecnica tradizionale a cielo aperto è quasi totalmente abbandonata e quella artroscopica riserva un numero maggiore di complicanze legate ad una lunga curva di apprendimento. La tecnica mini invasiva a cielo aperto è la più sicura e affidabile.
Rizoartrosi
L’artrosi dell’articolazione trapezio metacarpale è una patologia molto diffusa: rappresenta il 10% di tutte le manifestazioni artrosiche dell’apparato locomotore.
Dal punto di vista clinico il sintomo predominante è il dolore localizzato alla base del primo raggio in corrispondenza dell’articolazione trapezio-metacarpale. Il dolore è evocato dalla mobilizzazione attiva e passiva dell’articolazione stessa e il paziente che ne è affetto fatica ad aprire un barattolo, a svitare il tappo di una bottiglia di plastica, a girare una chiave in una serratura. In particolare, i movimenti ripetitivi che implicano una pinza fine diventano estremamente dolorosi.
Il dolore diviene gradualmente più invalidante impedendo al paziente di effettuare una pinza in opposizione. La diagnosi è clinica e l’indagine strumentale necessaria consiste in una radiografia. La patologia è classificata in vari stadi clinici e radiografici che vanno dallo stadio 1 allo stadio 4 (Classificazione di Dell).
Le cause
Tra le diverse teorie, quella più accreditata è muscolare. Descrive un’anomala inserzione di un tendine – l’abduttore breve – sulla base del primo metacarpo e la sua mancata inserzione sul trapezio. E’ un’anomalia congenita che alla lunga porterebbe l’articolazione a usurarsi.
Il trattamento
Quello conservativo va riservato agli stadi iniziali e ai pazienti con scarse esigenze funzionali e consiste nella utilizzazione di tutori, FKT con laser e US, terapia medica antinfiammatoria. La terapia infiltrativa locale (in particolare con acido ialuronico) è possibile in casi selezionati.
Negli stadi sintomatici avanzati (quando le azioni quotidiane vengono limitate dal dolore), è indicato l’intervento chirurgico. La tecnica attualmente più utilizzata è la trapeziectomia o emitrapeziectomia più artroplastica con tenososospensione.
Il dito a scatto
Il fenomeno del dito a scatto è causato da un ostacolo allo scorrimento dei tendini flessori, dovuto a un processo d’infiammazione cronica con conseguente ispessimento di una delle pulegge (denominata A1) del canale nel quale i tendini stessi scorrono durante i movimenti di flessione delle dita. Il bloccaggio, spesso doloroso, compare in particolare di mattina.
Il dito si blocca flesso sul palmo della mano e si sblocca in estensione bruscamente generando dolore. Talvolta si avverte difficoltà alla mobilizzazione mattutina del dito interessato. Definita anche tenosinovite stenosante, si osserva in tutte le età e anche i neonati, a volte, ne sono colpiti. Più dita possono essere colpite contemporaneamente o in tempi successivi. Il dito a scatto spesso si associa a una sindrome del tunnel carpale.
La diagnosi
E’ clinica e non necessita in genere di esami strumentali.
Il trattamento
Può essere infiltrativo con cortisone, ma spesso fornisce solo risultati transitori. In caso di recidiva dopo terapia infiltrativa, il trattamento è chirurgico e consiste nella sezione della puleggia A1 dei flessori del dito interessato.
L’intervento
Se condotto correttamente porta all’immediata scomparsa del dolore e dello scatto. Sia l’intervento che il post-operatorio non sono dolorosi e raramente il paziente ricorre all’uso di antidolorifici. Normalmente si effettua l’intervento in anestesia di plesso, raramente in anestesia locale. L’intervento dura circa 15 minuti e si svolge in regime ambulatoriale con dimissione immediata. Le complicanze, anche in questo caso, sono rarissime (meno dello 0,5% dei casi) e sono in genere tutte reversibili con opportuna terapia.
La tecnica
L’intervento consiste nell’asportazione della puleggia o tetto del canale flessorio e si effettua con una piccola incisione. Operazione che è utile a rendere possibile lo scorrimento dei tendini.
Il recupero delle attività di routine è rapido.
Il giorno successivo all’intervento il paziente può utilizzare la mano operata per impugnare una posata, mentre ne servono tre per guidare l’auto. La ripresa dell’attività lavorativa dipende dall’attività stessa: da un paio di settimane per un lavoro leggero a un paio di mesi per una professione che richiede un maggior coinvolgimento manuale.